"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


domenica 30 giugno 2013

Suor Yvette lascia il Centro di sanita' di Bungwe dopo 39 anni

Suor Yvette con F. Simonini di Kwizera
Quando, il prossimo agosto, i volontari dell'Associazione Kwizera arriveranno al Centro di  sanita' di Bungwe, per la consueta consegna di aiuti, non troveranno a fare gli onori di casa suor Yvette Vincent, la direttrice. Infatti, dopo trentanove anni di Rwanda, suor Yvette ha deciso di prendersi un anno sabattico in Canada', il suo paese di origine.Era arrivata in Rwanda nel 1974, giovane suora-infermiera della Congregazione di Santa Cristiana, e gia' dopo un anno assumeva la responsabilita' del Centro di sanita' di Bungwe che con capacita' e abnegazione ha saputo  far crescere qualificandolo come un centro di assoluto livello anche  in ambito  nazionale. Lo conferma il premio ricevuto nel 2002 per aver introdotto, grazie proprio all'intuizione di suor Yvette, un sistema di garanzia mutualistica tra gli assistiti che ispirerà il servizio di mutuelle de sante' adottato dal governo in tutto il paese e di cui il Centro di sanita' di Bungwe fu designato come centro pilota. Nei giorni scorsi la comunita' diocesana di Byumba ha salutato Suor Yvette con una grande festa, nella speranza di poter ancora contare anche per il futuro sulla sua grande amicizia per i rwandesi. Dopo l'uscita di scena di suor Yvette sone sempre meno gli operatori rimasti in Rwanda testimoni della grande stagione missionaria del secolo scorso.

sabato 29 giugno 2013

Ferrovie e oleodotti per i paesi dell'EAC

Ha avuto una grande eco il recente incontro tra i tre presidenti di Uganda, Kenia e Rwanda, paesi facenti parte dell'East African Community-EAC, Yoweri Museveni, Uhuru Kenyatta e Paul Kagame, riuniti a Nairobi dove hanno annunciato la firma di un memorandum d’intesa che prevede una serie di progetti da ultimare entro tre anni. I tre hanno concordato l’estensione del già esistente oleodotto – che collega Mombasa ad Eldoret – fino a Kampala e Kigali, strutturandolo in  modo da avere un doppio meccanismo di andata e ritorno,  cosi' da poter pompare indietro i prodotti, una volta raffinati.Un secondo oleodotto, invece, collegherà il porto di Lamu, in Kenia, a Uganda e Sud Sudan, ricco di giacimenti petroliferi ma privo di infrastrutture. Il progetto si collega anche alla costruzione in Uganda della prima raffineria della regione che dovrebbe produrre carburanti per il mercato nazionale e internazionale. L’intesa prevede inoltre la costruzione – sulla linea Mombasa – Kampala – Kigali – di una ferrovia su cui far transitare le merci, abbattendo i costi del trasporto su ruota, dispendioso e complicato.Per quanto riguarda la costruzione della ferrovia non si dice come il progetto s'integrerà con quello previsto da tempo e in fase avanzata di progettazione che prevede il collegamento di Kigali  con Dar es Salaam in Tanzania.E' infatti difficile pensare alla contemporanea realizzazione di due progetti richiedenti investimenti importanti e che per il Rwanda hanno pressoché analogo scopo: arrivare ai porti della costa orientale.I tre capi di Stato hanno concordato infine di accelerare sui programmi di integrazione regionale, come la Carta di identità comune, per i cittadini dell’Africa orientale, e il visto turistico unificato, gia' annunciato in passato.

martedì 25 giugno 2013

Ministero degli Esteri: Viaggiare sicuri..ma anche correttamente informati

Ricordiamo ai funzionari della nostra ambasciata a Kampala, competente anche per il Rwanda, di aggiornare il dato della popolazione del Rwanda, vecchio di qualche anno, che compare sul sito Viaggiare sicuri del Ministero degli Esteri.. Infatti, dai dati emersi nell'ultimo censimento tenutosi nel 2012, la popolazione rwandese ammonta a 10.537.222 abitanti, ben due milioni in più di quelli citati; vedi nostro post del 30 novembre del 2012.Con l'occasione non sarebbe male rivedere anche il dato relativo alle religioni, in quanto, magari anche solo per una ragione di ordine alfabetico, si colloca la religione musulmana subito dopo quella cattolica, dando la sensazione che arrivando in Rwanda ci si imbatta in un paese con una consistente presenza musulmana. In realtà, i musulmani non vanno al di là del 3% della popolazione, essendo i protestanti almeno dieci volte più numerosi ( vedi post).
Dati del paese

bandiera del Ruanda Ruanda (RWA) - Africa

mappa del Ruanda
Capitale: KIGALI
Popolazione: 8.481.000
Superficie: 26.340 km2
Fuso orario: +1h rispetto all'Italia; stessa ora quando in Italia vige l'ora legale.
Lingue: kinyarwanda, francese e inglese.
Religioni: cattolica, musulmana, protestante.

domenica 23 giugno 2013

"E vai" inno alla donna africana di madre Elisa Kidane'

Nella giornata della donna riproponiamo questo post del giugno 2013

Questa splendida poesia ci viene segnalata dal silenzio claustrale di  un monastero di benedettine. E' l'inno alla donna africana scritto da Elisa Kidane', una suora comboniana di origine eritrea. La poesia viene qui  riproposta, in un video ripreso da You tube, sulla musica del Padre nostro in swahili con una dedica particolare a tutte le mamme dei Paesi in guerra  e in particolare alle madri del Kivu che con amore e coraggio continuano a donare e custodire la vita dagli orrori della guerra avvolgendola nei colori dei loro pagnes in un abbraccio di ostinata speranza.

Qui di seguito il testo della poesia.

sabato 22 giugno 2013

A fine giugno cessa lo status di profugo per i rwandesi ancora in esilio

Profughi rwandesi 1994 ( foto di S. Salgado)
Il 20 giugno scorso  si è celebrata la giornata mondiale del rifugiato. La celebrazione si colloca in un momento particolare per gli oltre 100mila rwandesi che ancora vivono  da rifugiati in diversi paesi africani. Infatti, il prossimo 30 giugno cesserà per i profughi rwandesi, rimasti in esilio o che hanno dovuto abbandonare il paese fino al 31 dicembre 1998, lo status di rifugiato politico poiché  secondo quanto previsto  dalla Convenzione sui rifugiati del 1951 e dall'Organization of African Unity  Refugee Convention del 1969 sarebbero venuti meno i presupposti essendosi   determinanti  cambiamenti durevoli nel rispettivo paese di origine e con la cessazione delle circostanze che hanno portato a suo tempo  alla fuga. I fatti del  1994 e le sue conseguenze e i successivi  scontri armati nel nord-ovest del Rwanda nel 1997 e nel 1998 - l'ultima volta che il paese conobbe la violenza generalizzata  avrebbero prodotto più di 3,5 milioni di rifugiati rwandesi. La maggior parte hanno fatto ritorno in Rwanda, anche di recente, 12.000 principalmente dalla Repubblica Democratica del Congo. L'Agenzia dell'ONU per i rifugiati (UNCHR) stima però che circa 100.000 rifugiati rwandesi rimangano ancora in esilio. La materia è stata  presa in esame in  un'apposita  riunione ministeriale tenutasi a  Pretoria,  nellaprile scorso, cui hanno partecipato le  delegazioni del  Burundi, Repubblica Democratica del Congo, Kenya, Malawi, Mozambico, Repubblica del Congo, Rwanda, Sud Africa, Uganda, Zambia e Zimbabwe. Nella riunione si è preso atto dei progressi nella promozione del rimpatrio volontario e nel reinserimento dei rifugiati rwandesi, ma si è dovuto anche constatare come non pochi dei rifugiati ancora presenti non abbiano alcuna voglia di rientare nel paese d'origine nonostante le spinte del Rwanda ad agevolare quanto più possibile il rientro dei rifugiati nel paese come segno dellormai raggiunta e consolidata pacificazione nazionale. Di fronte però alle resistenze di molti profughi a rientrare in Rwanda nonostante le rassicurazione delle autorità di Kigali, alcuni dei paesi ospitanti hanno confermato la loro disponibili a valutare forme alternative di integrazione per i rifugiati nei paesi di asilo, tra cui la concessione della cittadinanza per naturalizzazione. A questi ultimi  le autorità rwandesi, come ultimo gesto per non interrompere totalmente i legami con la madre patria, sarebbero disponibili a concedere il passaporto rwandese.

mercoledì 19 giugno 2013

Il Rwanda promuove Kibeho come meta turistico-religiosa

Santuario di Kibeho
Il Dipartimento del turismo rwandese ha individuato in Kibeho un possibile polo per lo sviluppo di un turismo religioso sensibile al richiamo di un luogo testimone dell'apparizione della Madonna, analogamente a quanto avviene in numerosi santuari mariani del vecchio continente. Infatti, Kibeho, un piccolo e sperduto villaggio situato nel sud del Rwanda a una trentina di kilometri da Butare, è stato teatro, a partire dal novembre 1981 fino al 1989, di una serie di apparizioni della Madonna ad alcune giovani del luogo, la cui storia è ampiamente illustrata nel nostro post del 4 settembre 2012 Tali apparizioni sono state ufficialmente riconosciute come autentiche dalla Chiesa nel 2001, dopo un approfondito esame grazie alla preziosa e appassionata opera del compianto vescovo di Gikongoro, mons Augustin Misago.Nonostante tale riconoscimento, pochi al di fuori del Rwanda conoscono questa realtà. Anche l’afflusso dei pellegrini rwandesi è abbastanza contenuto, salvo alcune occasioni  particolari. Personalmente abbiamo visitato il santuario costruito sui luoghi delle apparizioni incontrando sulla grande spianata antistante la Chiesa solo una decina di persone e pochi altri pellegrini all’interno. Eppure siamo in presenza dell’unica apparizione riconosciuta nell’intero continente africano. Per questo si può ben comprendere l’interesse delle autorità rwandesi a promuovere Kibeho come luogo di richiamo turistico, di un turismo del tutto particolare, così come auspicato dall’attuale  vescovo di Gikongoro ' Kibeho diventi un luogo di pellegrinaggio e di incontro per tutti coloro che cercano Cristo e che vengono qui per pregare, un centro fondamentale della conversione, di riparazione per i peccati del mondo e di riconciliazione, un punto di incontro per 'tutti coloro che erano dispersi', come per coloro che aspirano ai valori della compassione e fratellanza senza confini, un centro fondamentale che richiama la Vangelo della Croce '. Per gli operatori turistici Kibeho potrebbe diventare un ulteriore polo di richiamo da affiancare alle destinazioni ormai affermate a livello mondiale come i gorilla del parco dei Virunga, piuttosto che la foresta di Nyunge o il parco savana dell’Akagera, peraltro piuttosto modesto rispetto agli altri parchi africani.Dopo il lancio ufficiale, ai turisti che arriveranno in Rwanda per visitare le richiamate attrazioni tristiche  verrà offerta la possibilità anche di questo nuovo  itinerario religioso, fornendo loro  informazioni  sugli eventi degli anni ottanta, sul successivo  processo di riconoscimento formale delle apparizioni, consentendo soprattutto una pausa religiosa nell’accogliente santuario mariano, con le annesse  prime strutture ricettive,  che non attende altro che ospitare un numero sempre maggiore di pellegrini alla ricerca di una pausa di spiritualità nella casa della Nostra Signora dei dolori, come è conosciuta la Madonna di Kibeho. 

sabato 15 giugno 2013

L'ex primo ministro Twagiramungu decide di rientrare in Rwanda dopo diciotto anni

L'ex primo ministro rwandese, Faustin Twagiramungu, ha annunciato  che il prossimo  21 giugno farà ritorno in Rwanda dopo 18 anni trascorsi "in esilio" lontano dal paese, con l'eccezione di una breve partecipazione nelle elezioni presidenziali del 2003.Twagiramungu, un "hutu moderato", che è stato capo del governo del Rwanda dal 1994 fino alle sue dimissioni nel 1995, ha spiegato alla  BBC Africa che la ragione  principale  che lo ha spinto a questo passo è il suo desiderio di promuovere la libertà e la riconciliazione nel suo paese.
Gli sviluppi che conseguiranno alla decisione dell'ex primo ministro andranno seguiti con molta attenzione, tenuto conto anche del momento particolare in cui viene a cadere. Da come questo gesto sarà accolto dall'attuale leadership rwandese, difficilmente all'oscuro e totalmente estranea, si potranno trarre segnali importanti sulle future dinamiche democratiche della giovane repubblica africana.Un'accoglienza soft potrebbe rappresentare  un piccolo segnale di apertura da non sottovalutare sulla strada dell'auspicata riconciliazione.
Si può leggere il testo in francese dell'intervista concessa alla BBC Africa cliccando qui.

mercoledì 12 giugno 2013

Il latte di capra non è più tabù

Ovunque nel mondo, l’allevamento della capra è abbinato anche alla produzione del latte le cui caratteristiche nutrizionali sono particolarmente apprezzate; infatti,  la sua alta assimilabilità e il basso livello di lattosio lo rende adatto anche  per le  persone con problemi di digestione del lattosio, mentre  la sua composizione molto simile al latte umano ne fa un importante surrogato al latte materno nell'allatamento degli infanti. Non è così in Rwanda, dove le capre locali sono destinate semplicemente alla macellazione per finire sulle tavole sotto forma di gustose brochettes, e dove il consumo di latte di capra non rientra tra gli alimenti tradizionalmente graditi dalla popolazione; anzi, bere latte di capra è giudicato quasi una vergogna. Per questo le numerosissime capre che si incontrano nei villaggi sono destinate al mero consumo, essendo di una razza non lattifera così come richiesto dal mercato locale.Di recente sono state però introdotte in Rwanda anche razze lattifere da parte dell’Ong americana Heiffer, con l’intento originario  di aiutare gli ammalati di Aids, tenuto conto dei valori riconosciuti al latte di capra quale integratore della dieta di questi pazienti. Con un programma molto simile al Progetto Mikan, questa ong  ha promosso una cooperativa, la  Cooperativa Kairu (Cooperativa di allevatori di capre di Rukira),   nella regione orientale, che è arrivata a coinvolgere ben 372 persone. Con l’aumento degli allevatori inseriti nel programma è andato via via aumentando anche il consumo del latte di capra,  tanto da superare i tabù culturali che riconoscevano come unico latte quello di mucca, relegando il consumo del latte di capra ai soggetti dei gruppi sociali più emarginati. Dopo la scoperta che il latte di capra valeva quello di mucca  i più intraprendenti si sono lanciati nell’allevamento di capre lattifere. Ben presto gli allevatori si sono accorti che oltre all’autoconsumo,  il latte poteva essere commercializzato e quindi con  l’aumento della domanda, l’allevamento di capre lattifere è stato individuato come un possibile business  anche perché sono  cominciate ad arrivare richieste anche dalla capitale e un litro di latte sconta un  prezzo sul mercato  doppio rispetto a quello delle mucche, oltre Frw 300 al litro contro Frw 150. Rimane  il problema di  reperimento della nuova razza di capre e il suo costo, decisamente superiore a quello delle caprette da carne attualmente diffuse in Rwanda. Ritorneremo in argomento non appena avremo  conferma dai nostri amici rwandesi circa  prezzi applicati sui mercati locali a queste nuove capre ( secondo l'agenzia Syfia si parla di $200 a capo, una cifra quasi dieci volte superiore al prezzo di una capra autoctona)) che  potrebbero essere proficuamente inserite nel Progetto Mikan promosso dall'Ass. Kwizera  nella diocesi  di Byumba.

venerdì 7 giugno 2013

Italy meets Rwanda

Si terrà il prossimo 13 giugno a Milano un Workshop di presentazione delle opportunità di business e di investimento in Rwanda, organizzato dal Rwanda Development Board, con Promos, Assolombarda e ISPI. L'appuntamento fa seguito a quello tenutosi l'anno scorso. Saranno presenti per il Rwanda,   l'ambasciatore a Parigi,  Jacques KABALE, e il Ceo del Rwandan Development Board, Clare AKAMANZI, mentre per la parte italiana interverranno Gianluca MAGISTRI della Sace, Eugenio BETTELLA, Partner dello studio Rödl & Partner  e il prof Gian Paolo CALCHI NOVATI dell'International Politics Studies (ISPI).
L'incontro si rivolge a operatori interessati a conoscere le opportunità offerte dal mercato rwandese in settori quali l'energia, le infrastrutture, l'agricoltura e il turismo.Un mercato in cui l'Italia è quasi totalmente assente se non per le attività riconducibili alle numerose organizzazioni italiane del volontariato presenti sul territorio.

giovedì 6 giugno 2013

I vecchi capi villaggio vanno in pensione

Dall'inizio dell'anno, i  capi villaggio sono praticamente stati pensionati dall'autorita governativa che ha affidato i loro compiti amministrativi ai segretari esecutivi della cellule (SEC), l'unità amministrativa di base in cui e' suddiviso il paese. Il passaggio di consegne non sembra aver creato problemi alla popolazione abbastanza stanca di dover attendere le lungaggini del capo villaggio nell'espletamento di una pratica di competenza, dalle semplici certificazioni anagrafiche alle autenticazioni dei passaggi di proprieta', e nel dover sottostare alle richieste corruttive  degli stessi capi villaggio che non percependo alcun compenso erano piu' o meno costretti a pretendere qualche forma di compenso dai loro amministrati, magari anche solo una birra assunta al bar facente la funzione di ufficio pubblico. Con la nuova struttura burocratica queste pratiche sembrano essere cessate, anche se ogni tanto si legge di qualche caso di concussione e/o corruzione prontamente sanzionato. Ai vecchi capi villaggio rimane la memoria storica del villaggio e dei suoi abitanti tanto che non e' infrequente che il nuovo segretario  esecutivo debba far ancora loro ricorso per identificare una persona che si ripresenta per una certificazione.  Il nuovo modello amministrativo consente alle autorita' di perseguire, oltre che   uno svecchiamento dell'apparato burocratico,  di creare sul territorio una rete di funzionari fidati.Per molti vecchi capi villaggio rimarra' comunque un ruolo personale, correlato all'autorevolezza acquisita negli anni, che nessun provvedimento potra' intaccare e ad essi gli abitanti del villaggio continueranno a fare ricorso per risolvere i piccoli o grandi problemi che mai mancano all'interno di una comunita'.

sabato 1 giugno 2013

Il messaggio evangelico come fattore di sviluppo nel libro di padre Gheddo

Meno male che Cristo c’è - Vangelo, Sviluppo e Felicità dell'Uomo” di Padre Piero Gheddo (  ed. Lindau , Torino, 326 pp.€ 19) è una lettura  particolarmente stimolante,  soprattutto per chi è impegnato, nelle forme più diverse, a favore delle popolazioni dei paesi del sud del mondo. Per questo segnaliamo  questa ampia recensione di Omar Ebrahime apparsa sul sito dell'Osservatorio internazionale Cardinal Van Thuan sulla Dottrina sociale della Chiesa, che offre un 
assaggio dei temi trattati da Padre Gheddo, in particolare di quello centrale: la significativa capacità degli annunciatori del Vangelo a farsi anche promotori di sviluppo nei paesi di missione, forti del messaggio evangelico  e di quei valori in esso contenuti che hanno ispirato in maniera positiva anche le dinamiche  della società civile nel vecchio continente. Proprio questo assunto,  ampiamente documentato dall'autore attraverso molteplici esempi attinti a tutte le latitudini del mondo, potrebbe suggerire più di una riflessione anche con riferimento alla realtà rwandese. A mero titolo di stimolo ne avanziamo qui alcune.