"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


martedì 1 novembre 2016

Svolta del Papa sui migranti:accoglienza con prudenza e calcolo

Riportiamo qui di seguito, nella trascrizione riportata dal Corriere.it, la risposta che papa Francesco ha dato a una domanda che gli è stata posta nel consueto colloquio con i giornalisti a bordo dell'aereo papale, durante il viaggio di ritorno dalla Svezia. Forse per la prima volta,  papa Francesco affronta il problema dei migranti con un sano realismo introducendo nel dibattito in argomento alcuni elementi di sicura novità dai quali, da qui in avanti, non si potrà più prescindere: la necessaria distinzione tra rifugiati e migranti, le regole che devono presiedere all'esercizio del diritto di migrare, i rischi della mancata integrazione e, soprattutto, la prudenza con la quale i governanti devono fare il calcolo di quanti migranti possono accogliere.  Qui di seguito riportiamo la trascrizione della risposta papale che può essere ascoltata anche nel video di TV2000.
«Prima di tutto, come argentino e sudamericano, ringrazio tanto la Svezia per la sua accoglienza perché tanti argentini, cileni, uruguaiani sono stati accolti al tempo delle dittature militari. La Svezia ha una lunga tradizione di accoglienza: non solo nel ricevere ma anche nell’integrare, nel cercare subito casa, scuola, lavoro, integrare in un popolo. Mi hanno detto una statistica, che su nove milioni di abitanti 850 mila sarebbero nuovi svedesi, cioè migranti, rifugiati, o il loro figli. In secondo luogo, si deve distinguere tra migrante e rifugiato. Il migrante deve essere trattato con certe regole, migrare è un diritto ma un diritto molto regolato. Invece un rifugiato viene da una situazione di guerra, fame, angoscia terribile. Un rifugiato ha bisogno di più cura, di più lavoro, e anche in questo la Svezia ha sempre dato un esempio. Fare imparare la lingua, integrare nella cultura. Non dobbiamo spaventarci per l’integrazione delle culture perché l’Europa è stata fatta con una integrazione continua delle culture, di tante culture. Cosa penso dei Paesi che chiudono le frontiere? Credo che in teoria non si possa chiudere il cuore a un rifugiato. Ma c’è anche la prudenza dei governanti che credo debbano essere molto aperti nel riceverli ma anche fare un calcolo di come poterli sistemare. Perché un rifugiato non lo si deve solo ricevere ma lo si deve integrare. E se un Paese ha una capacità di integrazione faccia quanto può, se ha di più faccia di più, ma sempre con il cuore aperto. Non è umano chiudere le porte e il cuore, e alla lunga questo si paga, si paga politicamente, come anche una imprudenza nei calcoli, nel ricevere più di quelli che si possono integrare. Qual è il pericolo? Quando un rifugiato o un migrante non è integrato, si ghettizza, entra in un ghetto, e una cultura che non si sviluppa in un rapporto con un’altra cultura entra in conflitto, e questo è pericoloso. Credo che il consigliere più cattivo dei Paesi che tendono a chiudere le frontiere sia la paura. E il consigliere più buono la prudenza. In questi giorni ho parlato con un funzionario del governo svedese e mi diceva che hanno qualche difficoltà, perché vengono in tanti e non si fa in tempo a sistemarli, a trovare scuola, casa, lavoro, a far imparare la lingua…La prudenza deve fare questo calcolo. Io non credo che se la Svezia diminuisce la sua capacità accoglienza non lo faccia per egoismo o perché ha perso la capacità. Se c’è qualcosa del genere è per quello che ho detto: tanti oggi guardano alla Svezia perché ne conoscono l’accoglienza, ma non c’è il tempo necessario per sistemare tutti».

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