"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


lunedì 29 febbraio 2016

Nella chiesa di Bugarama vive la memoria di alcuni sacerdoti valtellinesi

L'interno della chiesa
In cima a una delle mille colline rwandesi, quella di Bugarama, nel nord del Rwanda, troviamo un angolo di Grosotto (So): su un lato del largo spazio su cui si affacciano le aule scolastiche del villaggio, dal 2008 fa bella mostra di sé una chiesa dedicata alla Beata Vergine delle Grazie, la stessa denominazione della Madonna del santuario di Grosotto.
Lo conferma la piccola stampa affissa sulla parete posta alle spalle dell’altare, raffigurante appunto la Madonna delle Grazie, e una targa posta, all’interno, al di sopra della porta d’entrata riportante la scritta “In memoriam Bernardi Trinca Colonel”, lo storico sagrestano, per oltre sessanta anni, appunto del santuario grosottino.
Ma i richiami alla nostra provincia non finiscono qui. Infatti, sul basamento del piccolo altare, una targa ricorda tre sacerdoti della nostra terra: il tiranese don Norberto Damiani, il morbegnasco, ma per molti anni vicario di Grosotto, don Giovanni Rapella, e il valchiavennasco, mons Virgilio Levi, già vicedirettore de L’Osservatore romano.
Da quest’anno, è entrato a far parte di questa sorta di mausoleo valtellinese della memoria anche il grosino don Agostino Salandi, scomparso lo scorso novembre. Infatti, alla fine della santa messa che, come tutti gli anni, quest’anno l’Associazione Kwizera ha promosso nella chiesa della Beata Vergine delle Grazie, che dll’Associazione  è diventata la chiesa di riferimento in terra rwandese, è stata apposta sul basamento del piccolo tabernacolo, la cui realizzazione fu proprio promossa dallo stesso  don Agostino, una piccola targa in ricordo appunto di don Salandi.
L’appuntamento promosso dall’Associazione è una delle poche occasioni che i cristiani della collina hanno per assistere alla santa messa nel corso dell’anno, dovendosi accontentare, nelle rimanenti domeniche, della cerimonia guidata dal catechista che guida la liturgia della parola, seguita dalla distribuzione dell’eucarestia. Questo succede per la gran parte delle succursali in cui si articolano le estese e popolose parrocchie rwandesi.
Ben si comprende, quindi, la calda accoglienza che i cristiani ogni anno riservano ai volontari che si spingono fin sulla sommità della collina dopo una ripida salita. Salita, quest’anno, resa più ardua dalla strada, in terra rossa, resa particolarmente scivolosa dalle vere e proprie rogge d’acqua alimentate  da un classico acquazzone  da stagione delle piogge, che si è abbattuto sulla collina proprio durante la nostra salita con la jeep di don Paolo, che di queste strade conosce ogni segreto.
L’acquazzone ha parzialmente giustificato il nostro ritardo di ben due ore sull’orario previsto per la celebrazione della messa; i fedeli hanno atteso pazientemente perché qui il tempo ha scansioni ben diverse delle nostre e poi sanno benissimo che, a prescindere da ogni orario ufficiale, come ripete sempre don Paolo, per giustificare i cronici ritardi africani: la messa inizia quando arriva il sacerdote!

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