"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


martedì 6 ottobre 2015

Indice Ibrahim per la governance: Rwanda promosso ma non sui diritti politici

E’ stato presentato ieri  l’“Indice Ibrahim per la Governance”, la classifica realizzata dalla fondazione di Mo Ibrahim che fornisce una valutazione approfondita dello stato della governance in ciascuno dei 54 paesi africani, presi in esame. L’IIAG 2015 comprende 93 indicatori raggruppati in quattro categorie: la sicurezza e lo stato di diritto, la partecipazione e i diritti umani, lo sviluppo economico sostenibile e lo sviluppo umano. In 21 paesi, di cui 5 sono tra i dieci paesi leader della classifica, il risultato complessivo è peggiorato dal 2011. Solo sei paesi hanno registrato un miglioramento in tutte e quattro le categorie del IIAG: Costa d'Avorio, Marocco, Rwanda, Senegal, Somalia e Zimbabwe. La tendenza generale evidenzia performance contrastanti a livello regionale, portando a un crescente divario tra le diverse regioni, con l’Africa del Sud in prima fila  con un punteggio medio di 58,9, seguita dall’Africa occidentale (52,4), dal Nord Africa (51,2) e dall’Africa est (44.3). I dieci paesi con il più alto aumento del loro livello complessivo di governance negli ultimi quattro anni, rappresentano quasi un quarto della popolazione del continente. Cinque di questi paesi, Senegal (9 °), Kenya (14 °), il Marocco (16 °), Rwanda (11 °) e Tunisia (8), sono già tra i primi 20 della classifica dell’IIAG, cosa che fa prevedere che possano  diventare le future grandi potenze del continente. Il miglioramento marginale del livello complessivo di governo del continente è guidato dai progressi in solo due categorie: Sviluppo umano e  Partecipazione e  diritti umani (rispettivamente 1,2 e 0,7). Le altre due categorie, Sviluppo economico durevole e Sicurezza e stato di diritto, da parte loro registrano un peggioramento (-0,7 e -0,3, rispettivamente). Situazione che Mo Ibrahim, presidente della Fondazione Mo Ibrahim, fotografa così: "Anche se, nel complesso, i nostri cittadini africani sono decisamente più sani e vivono in società più democratiche di quanto non fossero 15 anni fa, l’Indice 2015 mostra che i recenti sviluppi del continente in altri settori chiave sono in una fase di stallo o di declino, e in alcuni paesi importanti sembrano segnare il passo. Si tratta di un campanello d'allarme per tutti noi. Solo miglioramenti condivisi e duraturi in ciascuna delle aree di governo assicurano gli africani il futuro che meritano e richiedono”. 
Per quanto riguarda in particolare il Rwanda, le risultanze dell’IIAG 2015, consultabili cliccando qui, evidenziano, a fronte di un punteggio globale di 60,7 ( 60,4 nel 2014), un punteggio di 60 per quanto attiene la Sicurezza e lo stato di diritto, 63,5 per lo Sviluppo economico durevole, 71 per lo Sviluppo umano a cui concorrono la  protezione sociale (79,2), l’educazione (48,8) e la sanità (85,1) e un più modesto 46,3 per la Partecipazione e diritti dell’uomo. Questo  dato ha sollevato, come già in passato, le riserve delle autorità di Kigali, sempre allergiche a ogni critica; andando ad analizzare le varie componenti se ne comprendono le ragioni. Infatti, emerge che quel 46,3  è il  risultato medio di un 85 per quanto attiene la parità di genere, uno dei cavalli di battaglia della governance rwandese, un 34,5 per i diritti intesi come libertà individuali, di associazione  e di espressione, e un umiliante 19,3 (dato medio africano 45,9) per la Partecipazione che prende in esame diritti politici, partecipazione alla vita politica ed elezioni libere e trasparenti. A Kigali dovranno farsene una ragione.

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