"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


giovedì 1 ottobre 2015

1 ottobre 1990: l’inizio della guerra civile rwandese

Cade oggi il venticinquesimo anniversario dell’inizio  della guerra civile rwandese conclusasi nel luglio del 1994, al prezzo di centinaia di migliaia di morti. Il 1° ottobre 1990, soldati della National Resistance Army di origine rwandese, sotto il comando del generale maggiore Fred Gisa Rwigyema muovono dall’Uganda alla conquista del Rwanda, prendendo il nome di Armata Patriottica Rwandese (APR), braccio armato del Fronte Patriottico Rwandese (FPR), l’organizzazione politica che raggruppava i profughi rwandesi di origine tutsi, stanziati in prevalenza in Uganda, ma anche negli altri paesi confinanti con il Rwanda, a partire dal lontano 1959. Si trattava in prevalenza di militari inquadrati nell’esercito ugandese, di cui il generale Rwigyema era vice ministro della difesa, essendo ministro il presidente ugandese Museveni, e in cui  molti ufficiali d’origine rwandese occupavano posti di rilievo in particolare nell’ambito dei servizi segreti.Il punto d’entrata in Rwanda è il posto di frontiera di Kagitumba che cade in giornata nelle mani del 1° e 3° battaglione.L’attacco era stato preceduto da mesi, se non anni, di preparazione nella massima riservatezza, nei limiti consentiti dal coinvolgimento di un alto numero di persone.Gli ultimi giorni di settembre, quelli decisivi, beneficiarono di almeno due condizioni favorevoli all’avvio delle operazioni: l’assenza del presidente Museveni in missione negli Stati Uniti, unitamente al suo omologo rwandese Habyarimana, che faceva del gen. Rwigyema la più alta carica in campo, e la prossima festa nazionale dell’indipendenza ugandese, il 9 ottobre, che giustificava spostamenti di truppe sul territorio ugandese. Per questo il 25 settembre il gen. Rwigyema diede il via alle operazioni dando ordine ai militari rwandesi inquadrati negli organici dell’esercito ugandese di  approvvigionarsi di armi, automezzi, carburante e quant’altro potesse servire alle operazioni d’invasione del Rwanda che sarebbe scattata di  lì a qualche giorno. Il generale Rwigyema, artefice dell’intero progetto di riconquista del potere nel paese d’origine, non ebbe però modo di raccogliere i frutti di un disegno da lungo coltivato; all’indomani dell’attacco, infatti, secondo le ricostruzioni più attendibili, morì per un colpo di fucile alla testa, vittima di un complotto nato all’interno della sua stessa armata, in cui troppi non condividevano le sue linee strategiche di come arrivare a Kigali e, soprattutto, di che tipo di governo isturarvi.Nei giorni successivi, il maggiore Paul Kagame, responsabile  del personale e dell’amministrazione del DMI, il servizio d’intelligence militare ugandese, veniva fatto rientrare dagli Usa, dove si trovava a frequentare un corso di perfezionamento all’accademia militare di Fort Leavenworth, e, sembra su indicazioni dello stesso presidente ugandese Museveni, assumeva, non ancora trentatreenne, il comando delle operazioni, anche se con qualche mugugno da parte di altri ufficiali che non ne condividevano la scelta. 

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