"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


lunedì 23 giugno 2014

Sulla pelle dei profughi

Il 20 giugno si è celebrata la Giornata Mondiale del Rifugiato, appuntamento annuale voluto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che da oltre dieci anni ha come obiettivo la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla condizione, spesso sconosciuta ai più, di questa particolare categoria di migranti.Per la prima volta dalla seconda guerra mondiale le persone in fuga nel mondo supera i cinquanta milioni (leggi qui).Anche il Rwanda è destinatario di significativi flussi di profughi provenienti  prevalentemente dalla regione del nord Kivu. Sono infatti quasi 75000 i congolesi  distribuiti nei cinque campi profughi gestiti dall’ UNHCR a: Nyabiheke, Kiziba, Gihembe, Kigeme e Mugombwa. Gli ultimi due campi sono stati aperti nel 2012 e l'anno scorso e ospitano rispettivamente 18.000 e 7.000 profughi; i restanti campi sono attivi dall'ormai lontano 1996. Un numero decisamente maggiore, 171.126, si trovano invece  in Uganda. 
Campo profughi nella zona di Gatsibo
Su questi 246.126 si sta giocando una sgradevole partita diplomatica tra le autorità congolesi e quelle dei paesi ospitanti, con i profughi che rischiano di recitare il ruolo di vittime sacrificali diventando strumenti di pressione nella contesa che, da troppi anni, vede coinvolti i paesi dell'area dei Grandi laghi. Già in un precedente post avevamo espresso certe perplessità sul fatto che i congolesi del Kivu, area di guerra da ormai un ventennio, dovessero essere trasferiti nei paesi confinanti piuttosto che in altre zone all’interno dell’immenso Congo. Nei giorni scorsi il governatore congolese della provincia del Nord Kivu, Julien Paluku, ha stigmatizzato il comportamenti di certi politici "disonesti" dei paesi vicini che, a suo dire, inibiscono il rimpatrio dei rifugiati congolesi, nonostante l'impegno assunto in tal senso nel passato, che vivono in Uganda e Rwanda, con false rappresentazioni della situazione, come se il Congo non volesse far rientrare in patria questi suoi cittadini o rappresentando la situazione congolese come invivibile.Oppure, come fa un articolo odierno del giornale rwandese  The New Times, far intendere a questi profughi che potranno avere un futuro migliore lontano dal paese d'origine. Lo scontro, non tanto sotterraneo a sentire le notizie di questi giorni sulle scaramucce di frontiera, che oppone Rwanda e Uganda da una parte e Congo dall'altra ha questa ulteriore appendice che coinvolge migliaia di persone, in prevalenza donne e bambini, anche loro vittime di una delle crisi tra le più gravi e dimenticate al mondo. 

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