"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


sabato 14 giugno 2014

Gli orti africani di Slow Food: tanto marketing e qualche dubbio

Nyinawimana: 20 ettari di terrazzamento realizzati
dall'associazione Kwizera Onlus
Creare 10.000 orti in Africa: questo l'ambizioso progetto di  Slow Food, la nota associazione promosso da Carlo Petrini. Per  ogni orto servono 900 euro. Finora ne sono stati realizzati 1207, di cui 39 in Rwanda, distribuiti nella zona di Musanze e di Muhanga. Qualche osservatore ha approfondito il progetto, scoprendo che dei 900 euro solo 250 vanno alla realizzazione dell'orto, i rimanenti 650 euro vengono così spesi: 200 per la costruzione e rafforzamento della rete Slow Food africana, 100 per il Diritto al viaggio,100 per il Diritto allo studio, 50 per Stampa e distribuzione di materiale didattico e di comunicazione, 200 per il Coordinamento generale del progetto. All'argomento ha dedicato un articolo Il Giornale, in cui si stigmatizzava il fatto, a cui ha risposto piccato Carlo Petrini con un lungo intervento comparso sul sito dell'associazione dal titolo " Africa Slow Food non sta facendo solo una serie di orti, sta promuovendo un'idea di agricoltura". Ed eccola l'idea di agricoltura a cui mira Slow Food " In Africa Slow Food non sta facendo semplicemente una serie di orti (cento, mille o diecimila) ma sta promuovendo un'idea di agricoltura, basata sulla conoscenza del territorio, sul rispetto della biodiversità e delle culture locali. Un'agricoltura capace di sfamare le comunità africane senza snaturare i rapporti sociali e devastare l'ambiente, ma puntando sulla dignità delle comunità (della loro storia, del loro sapere), sul rispetto del territorio e del suo equilibrio ecologico. Per questo negli orti Slow Food si coltivano varietà tradizionali di ortaggi, frutta ed erbe aromatiche e medicinali (più adatte al territorio), si costruiscono semenzai per riprodurre i semi (per non doverli acquistare ogni anno e preservare la biodiversità), si realizzano compostiere con scarti vegetali, letame e cenere (per evitare di spendere e di uccidere il terreno con fertilizzanti chimici), si difendono le piante con metodi naturali, come i preparati di ortiche (per evitare di acquistare pesticidi, avvelenando terra e acqua), si risparmia l'acqua (raccogliendo l'acqua piovana, conservano l'umidità del terreno con buone pratiche, come la pacciamatura, impiegando sistemi di irrigazione a goccia), si destina il raccolto al consumo familiare o alle mense (nel caso degli orti scolastici) e si vendono le eccedenze sui mercati locali o in piccoli luoghi di ristoro che nascono accanto agli orti". Questa la filosofia, poi subentra la pratica e la calcolatrice ci dice che per i 1027 finora realizzati e finanziati, Slow Food ha raccolto 1.086.300 euro, di cui 180.000 sono andati al coordinamento del progetto, a cui se ne aggiungono altrettanti per la costruzione della rete africana di Slow Food, 90.000 per i viaggi (per incontri tra le diverse comunità all'interno del continente) altrettanti per borse di studio e 45.000 per stampa e comunicazione. Come si vede sono cifre importanti, soprattutto quei 360.000 euro riconducibili, direttamente o indirettamente, all'organizzazione del progetto e al consolidamento della struttura di Slow Food. Già nell'articolo de Il Giornale, l'articolista aveva raccolto la voce di volontari di altre associazioni che con cifre più modeste promuovevano progetti di ben altra "concretezza". Tornando ai 39 orti rwandesi, confidiamo di poterli visitare in occasione di una prossima visita nel paese, per vedere che tipo di applicazione trovi la filosofia di Slow Food che, nel caso specifico degli orti africani e della loro coltivazione, ci ha riportato alla mente, non sappiamo perché, la celebre frase attribuita alla regina di Francia, Maria Antonietta, che davanti al popolo rumoreggiante per la fame se ne uscì con il famoso " se non hanno pane dategli brioches". Per quanto riguarda il progetto Orti Africani, un modello d'eccellenza in termini di marketing ma tutto da verificare in termini di ritorno per i reali destinatari, resta comunque il fatto, difficilmente smentibile, che una parte importante dei soldi raccolti per l'Africa è rimasta in Italia.

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