"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


martedì 10 giugno 2014

A volte anche i magistrati stavano a guardare

Silvana Arbia, autrice del libro “Mentre il mondo stava a guardare” sulla sua esperienza quale pubblico ministero presso il TIPR-Tribunale Internazionale Penale per il Rwanda, di cui abbiamo parlato in un precedente post, si è candidata, senza peraltro risultare eletta, alle recenti elezioni europee nella lista di sinistra L’Altra Europa con Tsipras. In un suo intervento in campagna elettorale, parlando dell’opera di “supplenza” esercitata dalle organizzazioni cattoliche nei diversi campi del sociale in Italia ricordava quanto ebbe “modo di riscontrare nelle terre dell’Africa, nel periodo in cui ho operato in Ruanda (e non solo) per conto delle Nazioni Unite, dove l’impegno delle missioni cattoliche, suore e sacerdoti, é ancora fondamentale per quelle popolazioni martoriate dalla povertà e dai conflitti interni.” Tale sensibile vicinanza  alla “supplenza” del mondo cattolico ci riporta alla sua fatica letteraria in cui non ricordiamo di aver visto trattato uno degli avvenimenti più tragici e, al tempo stesso, meno conosciuti e indagati della tragedia rwandese di cui cadeva il ventesimo anniversario ( passato sotto silenzio se si guarda il web) proprio in questi giorni. Ci riferiamo a quanto accadde il 5  giugno 1994 quando, nei pressi di Kabgayi , furono uccisi da militari del FPR  tre vescovi, nove preti, il superiore di una congregazione religiosa, oltre a due minorenni.Un sacerdote testimone ha così descritto i fatti. Le autorità rwandesi hanno catalogato l'eccidio come  il deprecabile gesto di vendetta di un sottoposto, i cui parenti erano stati uccisi, suicidatosi immediatamente dopo; diversi osservatori internazionali  hanno invece inquadrato quanto successo come un’azione pianificata dall'alto per eliminare i vertici della chiesa cattolica. Proprio in quest'ultima versione, come crimine di guerra, l'eccidio di Kabgayi è stato portato all’attenzione anche del TPIR, che, dopo una più o meno rapida investigazione, pensò bene di restituire il dossier al Rwanda, attirandosi numerose  critiche per aver disatteso la Risoluzione 1503 del Consiglio di sicurezza ONU che definiva le competenze del prosecutor. Di quel tribunale Silvana Arbia era  chief of prosecutions. I presunti responsabili furono arrestati dalle autorità rwandesi nel giugno 2008 e successivamente blandamente sanzionati: due degli imputati, i più alti in grado, furono assolti e altri due condannati a otto anni. 

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