"Prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". Benedetto XVI


giovedì 2 ottobre 2014

Rwanda contesta il giudizio del Mo Ibrahim Index sullo stato dei diritti umani

Lunedì scorso è stato reso noto il  Mo Ibrahim Index sulla governance africana (IIAG) da cui si ricava che il  Rwanda si posiziona all’11° posto  su 52 paesi, con un punteggio complessivo di governance del 60,4 per cento, migliorando la propria posizione di quattro posti rispetto allo scorso anno.Il Mo Ibrahim Index è un nuovo indice che giudica, secondo parametri obbiettivi e quantificabili, i governi dei paesi africani subsahariani in funzione della qualità del loro governo. L'Indice valuta i progressi realizzati da ogni nazione nei cinque principali ambiti che insieme costituiscono una definizione di buon governo:Sicurezza e protezione;Applicazione della legge, trasparenza e corruzione;Partecipazione e diritti dell'uomo;Sviluppo economico durevole;Sviluppo umano. Nonostante il buon risultato complessivo riportato, è stato però contestata per bocca del Prof. Anastase Shyaka, l'amministratore delegato delRuanda Governance Board (RGB), la metodologia che ha portato a formulare il punteggio attribuito nella speciale sezione riguardante la Partecipazione e i diritti umani, dove il Rwanda scende al 27° posto con un punteggio di 47,7 per cento. La situazione sarebbe stata ben più penalizzante se questo risultato non fosse il frutto di tre diverse categorie: la Partecipazione, i Diritti Umani e Diritti Gender.Il  secondo posto con un 87 per cento nella categoria dei Diritti Gender,  nasconde,  infatti, i giudizi particolarmente negativi che emergono nella specifica sottosezione relativa alla Partecipazione, dove  il Rwanda precipita al 45°posto con un 19,3 per cento e in quella dei Diritti umani con il 40° posto con un 36,3 per cento. Di fronte a questi giudizi penalizzanti, immediata si è levata da parte rwandese la contestazione dei metodi utilizzati, cercando anche di mischiare le carte, confondendo lo stato di sicurezza vigente in Rwanda, che tutti tranquillamente riconoscono,   con il rispetto dei diritti umani su cui evidentemente i metri di giudizio delle autorità rwandesi sono ben lontani da quelli comunemente accettati a livello mondiale. Forse troppo abituati a primeggiare nelle diverse classifiche mondiali, a volte per meriti effettivi a volte magari solo per buone capacità relazionali, le autorità rwandesi dimostrano di mal sopportare giudizi men che lusinghieri sul loro operato.

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